Al-Bunduqiyya, il concerto perduto.
Un omaggio ad una Venezia luogo di convivenza tra comunità diverse, provenienti da tutto il Mediterraneo, dalle terre del nord, dal levante. Una città scomparsa ma della quale è ancora oggi possibile trovare traccia, ad esempio nella toponomastica locale: Salizada dei Greci, Riva degli Schiavoni, Campiello degli Albanesi, Fontego dei Turchi, Calle dei Ragusei, Fondamenta dei Mori, Campo dei Tedeschi, Sottoportico degli Armeni…
Venezia è città di contaminazione, fertile terreno per il fiorire delle arti. Una città nella quale però, secondo Giorgio Agamben, abitare oggi è come leggere una lingua morta.
Città e lingua contengono la stessa utopia e la stessa rovina, ci siamo sognati e perduti nella nostra città come nella nostra lingua, esse sono anzi soltanto la forma di questo sogno e di questo smarrimento. Se compariamo Venezia a una lingua, allora abitare a Venezia è come studiare il latino, provarsi a sillabare una lingua morta, imparare a smarrirsi e a ritrovarsi nelle strettoie delle declinazioni e nelle improvvise aperture dei supini e degli infiniti futuri. A condizione di ricordare che di una lingua non si dovrebbe mai dire che è morta, poiché essa invece in qualche modo ancora parla e viene letta.
Tanto più questo vale per la musica: una qualsiasi composizione, infatti, venendo comunque da un passato, non importa quanto remoto, rivive nel tempo attuale dell’esecuzione e dell’ascolto.
Far risuonare i frammenti vivaldiani oggi, in una nuova composizione, li apre a possibilità inedite, a una nuova vita.
Venezia è il concerto perduto.
Durata: 90 minuti